Se ci soffermiamo a pensare alla forza di un seme, dovremmo inchinarci di fronte a tanta genialità nell’inventarlo.
Invece di trasportare un intero individuo, cosa che si dimostra sempre complicato, la Natura ha pensato bene di chiudere in una capsula pronta a tutto le informazioni utili per costruirlo ex novo. Non viene trasportata la pianta, ma solo le informazioni genetiche utili perché possa nascere, insieme ovviamente allo stretto necessario per poter sopravvivere nei primi momenti, finché non sia in grado di badare a se stessa.
Un frutto contiene l’acqua e i nutrienti sufficienti alla germinazione dei semi che contiene, finché non abbiano sviluppato le radici e attivato la fotosintesi necessaria ad arrangiarsi. Ma il frutto è anche un ottimo espediente per trasportare lontano dalla pianta madre i nuovi potenziali individui.
Mangiato da un animale che grazie ad esso sopravvive, il seme resisterà nel suo intestino incurante dei succhi gastrici, degli acidi e delle aggressioni capaci di distruggere qualunque cosa. Il seme tornerà così alla terra, insieme alle feci, lontano da “casa” ma in un suolo naturalmente concimato e potenzialmente ideale per il suo sviluppo. Che sia un non-ti-scordar-di-me o una quercia, il sistema è lo stesso: difficile immaginare qualcosa di più potente e perfetto.