Nei miei ricordi di bambino le fragole occupa certamente un posto di rilievo: non era soltanto un frutto di cui ero goloso, ma era anche il vessillo, l’avanguardia di tutta una serie di emozioni che intorno alla sua presenza si scatenavano. Innanzitutto era di maggio. La scuola era ormai entrata nelle settimane finali. E già questo bastava. Per uno come me che viveva in collegio e durante il periodo scolastico vedeva casa una volta alla settimana, le fragole erano come “la luce in fondo al tunnel”. Segnavano un momento magico e unico.
La mia mamma preparava, quasi ritualmente, la crostata con crema pasticciera e fragole, una delizia che rappresentava già di per sé il miglior modo di festeggiare il mio compleanno.
E segnavano, con la loro unicità, anche il passare di un altro anno; e da bambini la cosa è vista con grande gioia.
Segnavano anche la reale uscita dall’inverno, perché erano i primi frutti dopo tanti mesi di mele, arance e mandarini. Un gusto nuovo, delizioso, dolcissimo; non erano neanche da sbucciare…
Magiche e uniche. Perché allora le fragole si potevano mangiare solo a maggio. Duravano per un breve periodo, e poi bisognava attendere un anno. Come le ciliegie. Ma mentre le ciliegie hanno conservato un periodo di maturazione molto contenuto, circa 40 giorni, le fragole hanno subito una rivoluzione ed oggi sono disponibili quasi tutto l’anno.
Hanno perso la magia di un tempo e spesso, purtroppo, anche il gusto, ma tant’è.
La realtà è che un tempo le fragole coltivate erano solo unifere, maturavano cioè solo una volta all’anno, tipicamente a maggio.
Forse non tutti sanno o riescono a immaginare che un quartiere di Milano, a metà strada tra il centro e la Bicocca, si chiama “Maggiolina” perché sorge dove un tempo c’erano solo coltivazioni di fragole. Il nesso? In dialetto milanese le fragole si chiamano “magiuster”, sottolineando nel nome il periodo della loro naturale maturazione.
Frutto strano la fragola che anziché proteggere il seme con la polpa, fa esattamente l’opposto e mette i semi all’esterno. Sì perché la fragola è tecnicamente un ”falso frutto” e quei puntini gialli che stanno all’esterno sono proprio i semi. E non è solo buona: il grande naturalista svedese Linneo l’ha definita “un dono di Dio” per le sue proprietà salutari e ancora oggi se ne utilizzano le foglie per alcune preparazioni. L’apprezzavano gli antichi Romani, considerandola una prelibatezza destinata solo ai nobili.
In realtà tutti se ne cibavano raccogliendo le fragoline di bosco (Fragaria vesca) che crescono spontaneamente nelle radure, dopo aver imparato a distinguerle dalle fragole matte (Dichesnea indica). Facile distinguerle: le prime sono piegate verso il basso, sono rosso opaco e hanno semini gialli, le secondo sono erette, rosso brillante. Le prime sono dolcissime, le seconde amare, quasi immangiabili.
La svolta avvenne quando Amedée Frezier, ingegnere militare ed esploratore francese, nei primi anni del 1700 importò dal Cile una specie di fragola diversa, la Fragaria chiloensis. Dalla coltivazione di questa specie, più grande e produttiva, iniziò la diffusione della fragola moderna che vide però la sua nascita solo quando venne incrociata con la Fragaria virginiana (del Nord America). Nacque allora la Fragaria x ananassa, caratterizzata dalle dimensioni e dalla dolcezza che tutti conosciamo (o ricordiamo).
L’ulteriore evoluzione è cosa dei passati decenni con la nascita di varietà rifiorenti che, contrariamente a quelle unifere, fioriscono e producono per molto mesi l’anno. È a queste varietà che dobbiamo la possibilità di mangiare le fragole quasi tutto l’anno. E la colpa forse per la perdita di gran parte della loro magia.
Le fragole rifiorenti producono frutti da maggio fin quasi a ottobre, sempre che non vengano coltivate in serra, cosa che consente di raccogliere frutti anche a dicembre. E tutti potremmo essere indotti a coltivare, nel nostro piccolo orto domestico, solo queste varietà. Se vogliamo acquistare delle piantine, probabilmente in vivaio ci verranno proposte solo questo tipo di piante.
Bisogna però considerare che mentre le unifere vanno a maturazione in breve tempo, le unifere producono di più ma lo fanno su un arco di tempo più esteso. Questo significa che per fare la nostra crostata di fragole ci possono bastare 4 piantine di unifere raccolte a maggio, ma avremo bisogno di almeno tre volte tanto di fragole rifiorenti. Se vogliamo gustarle davvero e metterle in tavola, dobbiamo prevedere almeno 10-15 piante.
Detto questo, coltivare le fragole è veramente facile; possiamo coltivarle in verticale, a cascata, usarle per riempire le bocche laterali di un otre, o usarle per decorare la base di piante più grandi. Sono piante perenni, resistono al freddo e amano la luce, ma non il sole diretto. Qualsiasi balcone o davanzale può accoglierle e coglierne una proprio dalle nostre piante è una magia che fa illuminare gli occhi ai bambini e che può rimanere come ricordo indelebile.